Benvenuti nuovamente nella nostra rubrica rivolta al mondo dei giochi di ruolo.
Dopo aver approfondito gli obiettivi dei GdR e dei contesti in cui essi vengono impiegati, ovvero come strategia didattica per le giovani generazioni e nell’ambito della formazione aziendale, con questo articolo è importante soffermarci su come gli stessi giochi di ruolo da tavolo sono percepiti dai ragazzi.
Le attività ludiche non prevedono prerequisiti pratici, conoscenze e competenze note, se non quelle che verranno acquisite in corso d’opera, partecipando attivamente al gioco di ruolo.
La metodologia educativa “learning by doing” di John Dewey, nata negli anni “30 del Novecento, è tutt’ora vincente negli ambienti scolatici e associativi dei più piccoli e per questo abbiamo proposto una nuova attività nel contesto scolastico territoriale. Con il sostegno della docente di riferimento della classe che ha potuto partecipare all’iniziativa abbiamo proposto un gioco di ruolo e da tavolo a tema storico.
L’attività ha previsto l’allestimento iniziale di un’ambientazione realistica, caratterizzata da scenografie rurali separate dalle rotaie di una stazione, strade pavimentate con ciottoli, staccionate in legno, case con tetti a spiovente per far fronte alle forti nevicate durante il periodo invernale; di queste ultime alcune sono state danneggiate dall’evidente passaggio dell’uomo che ha bombardato, senza pietà, le residenze abitative.
Ci sono tanti alberi quanto uomini, soldati e combattenti disorientati che sognano un’Europa libera dai nazisti nella città di Bayeux, situata a Nord della Francia, diretti verso Caen.
I veterani sanno cos’è la guerra e cercano di mantenere alto l’umore dei loro compagni, poco più che bambini e coinvolti in un “lavoro semplice”, così definito dai superiori; prima di partire non sapevano cosa avrebbero visto, sentito e vissuto.
La scena rappresenta “un tempo non tempo”, molto attuale pensando agli avvenimenti dell’ultimo anno e mezzo che hanno colpito nel vivo l’Ucraina, solo uno dei tanti conflitti nel mondo, durante il quale non si può dar spazio alla nostalgia e ai rimpianti, ai ricordi, ma è solo il momento di combattere e fronteggiare i cannoni degli invasori.
Vivendo in prima persona questo squarcio storico e interagendo con “l’arte del narrare” i ragazzi hanno potuto immedesimarsi nei soldati e negli abitanti della cittadina francese partecipando alla tragedia di un D-Day, ovvero, il giorno in cui è stato iniziato un attacco militare con l’assedio della città, accompagnati nella storia dagli operatori.
Infine, tutte le riflessioni dei giovani narratori sono state raccontate nei versi estemporanei di Angelo Coscia che ha donato la qui presente poesia ai ragazzi e all’Associazione Avalon:
Sono stato fortunato,
ho compagni e amici veri,
una scuola in cui giocare.
Alle luci di un’aurora
ho scoperto un nemico.
Il mio amico colorato
è divenuto un grigio soldato,
la mia casa è un rifugio,
la mia scuola una trincea.
Avanzare, smistamento,
trasmissione, combattimento
sono parole
su una medaglia con una faccia
che dice vita e l’altra morte.
Sono passato dalle braccia
di chi mi ama e mi protegge
alla trincea e abbracciato ad un fucile
per difendere e salvarmi.
L’alba mi scopre a testa bassa,
affogato dal silenzio,
rotto da boati e sibili
e nell’aria odor di cordite
tra il grano che brucia.
Abbiamo smesso d’esser
ragazzi per divenire
ufficiali e soldati
contati come costi,
pronti a gioire per ogni respiro recuperato.
Seduto tra la polvere
guardo le pietre,
ingoio saliva e odore
di sangue.
Cerco colpevoli,
trovo responsabili,
fabbricanti di dolore
e lacrime.
La guerra non è giusta!
Lo dice alla televisione
l’uomo con la cravatta
e i galloni sulle spalle.
Posso scegliere di non sparare?
Attendo un messaggio
e tra fruscii e silenzi
cerco la parola speranza.
La paura diviene solitudine.
Ogni errore apre ferite.
Quante ne può sopportare
il mio corpo?
Quante ne può accettare
la mia mente?
Su quelle che erano strade
ci ritroviamo
incolonnati verso il mattatoio
dove a decidere
tra vittima e carnefice
è un numero.
È possibile leggere tra le rime poetiche la storia raccontata dal punto di vista degli adolescenti. Per tutti gli operatori, la Dirigente e i docenti presenti che hanno potuto assistere all’attività educativa, è stato possibile capire i sentimenti dei ragazzi nei confronti della guerra, come credono di poter aiutare i propri compagni e combattere i “nemici”, se possono essere definiti tali. Perché in qualsiasi guerra e ricorso storico incentrato sull’oppressione degli altri, non ci sono mai vincitori ma solo vinti e di questo ci si rende conto, sempre, troppo tardi.
Tutti i soldati di ieri, e di oggi, se potessero, di fronte a tanti errori e orrori dei “più forti” e delle Nazioni, probabilmente canterebbero ad alta voce le stesse parole pronunciate da John Lennon e Yoko Ono nel loro inno pacifista: “All we are saying is geve peace a change”.
Tutto ciò che noi diciamo è date una possibilità alla pace.