Nel corso dei millenni, ciò che ha contribuito maggiormente a fare del tiro con l’arco un simbolo delle virtù umane, stimolando approfonditi studi e ricerche sull’assetto interiore e psicofisico dell’uomo-arciere, è stato certamente l’utilizzo militare organizzato di arco e frecce.
In Europa le cose andarono diversamente; i romani, addirittura, consideravano l’arco come “arma barbara” e gli arcieri del tempo erano quasi sempre ausiliari non romani. Solo gli scontri con i Parti asiatici (esperti arcieri a piedi ed a cavallo) li costrinse a cambiare idea. Ciò nonostante, in un occidente in cui il cavalierato difendeva il suo status ritenendo il tiro con l’arco appannaggio di plebei, contadini e banditi, l’arcierismo bellico fu rivalutato pienamente solo in seguito alle battaglie con gli eserciti musulmani (dotati di truppe di abilissimi arcieri) ed alla verifica sul campo dell’efficacia degli arcieri a cavallo mongoli, ad Est, come degli arcieri appiedati inglesi, dotati di archi lunghi, ad Ovest.
E così, a partire da quel momento storico, anche in Europa il tiro con l’arco divenne una vera e propria disciplina marziale in cui, sempre di più, si intrecciavano gli aspetti strettamente militari con quelli legati alle competizioni di tipo sportivo. Infine, nella nostra Europa, fu proprio la nascita di varie corporazioni sportive che avvenne in diverse realtà europee (Galles, Svizzera, Bretagna, Italia) e la conseguente regolamentazione delle prime gare (organizzate in Inghilterra nel 1781 dalla Royal Toxopholite Society), ad imporre tipologie di addestramento che abbandonarono definitivamente la matrice “marziale” legata al tiro con l’arco da guerra, per sfociare in semplice attività ludico-sportiva tout court. L’Arco, per la prima volta nella storia, non serviva più a fare la differenza fra la vita e la morte, la vittoria e la sconfitta (in battaglia), la libertà e la schiavitù, e quindi venne presto relegato ad un semplice ruolo “ricreativo” che cancellò quasi completamente l’antico assetto tecnico e culturale legato all’affascinante disciplina marziale mediterranea.
In questo contesto assumono particolare rilevanza gli studi e le ricerche compiute dall’ illustre storico salernitano Dr. Giovanni Amatuccio – sull’educazione, formazione e metodi di addestramento del cosiddetto “Arciere mediterraneo” – attraverso la decifrazione e interpretazione di antichi trattati del medio oriente che si rivolgono ai docenti delle scuole di tiro con l’arco, agli allievi arcieri, agli ufficiali e strateghi dell’epoca; trattati sull’arte della guerra che, tramite la parola scritta, pongono le basi di una “scuola di tiro”, che stupisce per la modernità e la concreta applicabilità del metodo che emerge dalla straordinaria cultura (psicologica, fisica, medica, matematica, pedagogica e didattica) di cui gli antichi Maestri sono portatori.
“L’Arciere Mediterraneo” è oggi il nome di un articolato Progetto – nato a Salerno, ma già condiviso a livello nazionale da nomi illustri dell’Arcieria italiana – che si innesta proprio sulle dotte ricerche storiografiche di Giovanni Amatuccio.
Il Progetto di ricerca è attivato attraverso l’opera di un selezionato Gruppo di lavoro (composto da ricercatori, medievalisti, istruttori di tiro con l’arco e Maestri di arti marziali avvicinatisi da tempo anche al mondo dell’arcieria) e si propone primariamente di attivare un percorso didattico e formativo, ben strutturato e regolamentato, riconducibile alle forme di addestramento proprie della disciplina del tiro con l’arco inteso come Arte marziale; è rivolto sia ad arcieri neofiti interessati all’argomento, sia a quelli più esperti interessati ad approfondire le proprie conoscenze ed il proprio bagaglio tecnico.
Chi fosse interessato a condividere questo percorso educativo, a far parte del Team che supporta il progetto, o anche per ottenere maggiori informazioni, può scrivere a avalon.sa.info@gmail.com.